La “frode assicurativa” è un delitto a consumazione anticipata, che non richiede la percezione dell’indennizzo.

La “frode assicurativa” è un delitto a consumazione anticipata, che non richiede la percezione dell’indennizzo.
07 Febbraio 2018: La “frode assicurativa” è un delitto a consumazione anticipata, che non richiede la percezione dell’indennizzo. 07 Febbraio 2018

Il reato di “frode assicurativa”, disciplinato dall'art 642 cp, punisce chiunque ponga in essere le condotte espressamente previste dalla norma “al fine di conseguire per sé o per altri l’indennizzo di un’assicurazione, o comunque un vantaggio derivante da un contratto di assicurazione”. Il bene giuridico tutelato dalla norma, pertanto, è la situazione patrimoniale delle imprese assicuratrici (e, in via indiretta, il patrimonio della massa degli assicurati, che verrebbero comunque danneggiati dall’aumento dei premi assicurativi in conseguenza delle condotte fraudolente). L’elemento soggettivo del reato, poi, è costituito dal dolo specifico, consistente nella coscienza e volontà della condotta, realizzata al fine conseguire l’indennizzo o altro vantaggio derivante dal contratto di assicurazione. Tuttavia, l’effettivo conseguimento del predetto indennizzo o vantaggio non è considerato, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, elemento necessario ai fini della consumazione del reato de quo. La frode assicurativa è stata infatti qualificata come un delitto c.d. a consumazione anticipata, per il quale non è necessario il conseguimento effettivo di un vantaggio, ma soltanto che la condotta fraudolenta sia diretta ad ottenerlo ed idonea a raggiungere lo scopo. In proposito, si è di recente pronunciata la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 52953/2017, confermando un orientamento costante in materia. Nel caso di specie, la Corte di Appello di Catania aveva parzialmente riformato la sentenza con la quale il Tribunale di primo grado aveva condannato l’imputato per i reati di cui agli art. 367 e 642 c.p., per aver falsamente denunciato il furto della propria autovettura al fine di ottenere indebitamente l’indennizzo assicurativo, poi effettivamente riscosso. La Corte territoriale aveva dichiarato non doversi procedere in relazione al reato di simulazione, confermando nel resto la sentenza. L’imputato era quindi ricorso in Cassazione, censurando l’omessa declaratoria di intervenuta prescrizione in relazione al delitto di cui all’art 642 cp, in quanto reato c.d. a consumazione anticipata. Ad avviso del ricorrente, infatti, ai fini dell’individuazione del momento consumativo del reato, si sarebbe dovuto far riferimento non già alla data di ricezione dell’indennizzo, bensì al momento in cui egli aveva presentato all’assicurazione la richiesta di risarcimento. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, confermando che il reato in esame rientra tra quelli a c.d. consumazione anticipata. Infatti, il reato previsto dall’art. 642 cod. pen. “non richiede il conseguimento effettivo di un vantaggio – che non si identifica necessariamente nell’indennizzo ma può consistere in qualsiasi beneficio connesso al contratto di assicurazione – ma soltanto che la condotta fraudolenta sia diretta ad ottenerlo ed idonea a raggiungere lo scopo” (cfr., in senso conforme, Cass. pen., sez. II, sent. 21.01.2016, n. 8105; Cass. pen., sez. II, sent. 31.05.2016, n. 43095; Tribunale di Milano, sez. VII, sent. 6.02.2017, n. 11423). Pertanto, gli ulteriori atti volti al conseguimento dell’indennizzo non assumono un’autonoma configurazione di reato, neppure nella forma del tentativo. La Corte ha poi osservato che “attesa la tecnica di tipizzazione impiegata dal legislatore, che pone al centro della fattispecie la condotta di distruggere, disperdere, deteriorare od occultare la cosa, ed attribuisce al conseguimento del profitto il ruolo di mero scopo dell’azione, [il reato] deve ritenersi consumato nel momento in cui si realizza la fraudolenta distruzione o il fraudolento occultamento della cosa assicurata” (cfr., in senso conforme: Cass. pen., sez. VI, 03.07.2016, n. 27395). In tale prospettiva, pertanto, i Giudici di Piazza Cavour hanno individuato il momento di consumazione del reato non nella riscossione del risarcimento assicurativo (come indicato nella sentenza di primo grado), né in quello della sua richiesta (come affermato dall’imputato nel proprio ricorso), bensì nel momento in cui, prima della falsa denuncia di furto, l’autovettura era stata trasportata all’estero, e pertanto occultata. Per tale ragione, essendo il tempus commissi delicti collocabile oltre il termine prescrizionale massimo previsto dal codice (nel caso di delitti, sette anni e sei mesi), la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza d’Appello, dichiarando l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

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